Le nuove generazioni stanno dimenticando i gusti nel territorio. In una cucina sempre più fusion/fast/ready-to-use, i sapori della tradizione stanno pian piano scomparendo in favore al risultato della globalizzazione del gusto. Pasti pronti standardizzati, piatti etnici.
Vedendo documentari delle ultime stagioni di Chef’s Table su Netflix, si vedono cuochi di tutto il mondo che lavorano, come non mai, per non dimenticare i sapori della propria terra. Cristina Martínez per il Messico, Musa Dağdeviren in Turchia, Bo Songvisava in Thailandia, Asma Khan in India, Sean Brock e Mashama Bailey negli Stati Uniti… tutti impegnati a recuperare, a non dimenticare.
In Italia abbiamo la fortuna di avere migliaia e migliaia di piatti regionali differenti, però il “bagaglio” culturale culinario che si porta avanti è sempre più statico. In tutte le regioni ci sono piatti che si stanno dimenticando perché difficili da fare o magari non “modaioli” gusti forti, lavorazioni lunghe, lavorazioni dimenticate, ingredienti difficili da produrre e da reperire.
Non dimentichiamo! Non smettiamo di chiedere ai nostri nonni, ai nostri genitori cosa mangiavano, cosa si cucinava prima della globalizzazione del gusto!
Scendo a Roma e giustamente trovo ovunque la santa trinità: Amatriciana/Cacio&Pepe/Carbonara ma faccio fatica a trovare la pajata, le coratelle e la coda. Da noi a Milano, nel risotto alla Milanese, non mette quasi più nessuno il midollo. Addirittura, spesso devo girare 3 o 4 macellai diversi prima di trovare del midollo disponibile. Il carrello dei bolliti sta scomparendo.
Il consumo dei formaggi tipici sta diminuendo ed anche nei ristoranti, non viene più proposta la produzione dei caseifici locali ed artigianali. Quasi nessuno prepara più la lingua salmistrata, col bagnèt verd. Se si parla di trippa, si chiede subito se non ci fosse qualcos’altro. Quando si apre un’ampolla di colatura di alici si vedono nasi storcere.
Allora, viva la trippa, viva il sanguinaccio e la lingua, viva il pane di pasta dura, viva la frittata di asparagina o il cardo gobbo al vapore, viva il salame di testa, i legumi dimenticati, l’uso della retìna del maiale, la rosetta con il salame con l’aglio, la polenta concia e tutte quelle cose che non si ha più il tempo, il gusto, o forse per la verità la voglia e la capacità di preparare. Non dimentichiamo niente, facciamo rinascere i piatti di ieri, perché saranno una novità per tanti un domani.
